La scomparsa di Angelo Agazzani, fondatore e direttore fino a pochi anni fa della 
Camerata Corale "La Grangia“ di Torino risveglia,  oltre  al  dolore  del  distacco, 
anche molti ricordi. In un periodo (l' "epoca del vinile") in cui non era facile incidere 
dischi per la grande distribuzione, Agazzani riuscì ad interessare  la Voce del 
Padrone e la RCA alla realizzazione di alcuni numeri  di  catalogo dedicati  alla 
coralità del Piemonte. Inutile ricordare la quantità di concerti in Italia e all'estero. 
Il suo segreto era "andare controcorrente", allontanandosi dai cori maschili che 
vivevano all'ombra di modelli di riferimento considerati unici, indiscutibili o 
addirittura irraggiungibili. 
Il primo passo controcorrente avveniva attraverso la ricerca: raccogliere, 
registrare, studiare attraverso gli strumenti della storia, della cultura materiale, 
dell'antropologia. Ogni disco aveva sempre un allegato bibliografico di grande 
spessore: documenti, varianti, contributi di studiosi. 
Il secondo passo era il completamento musicale: un approccio ostinatamente 
antiaccademico all'armonizzazione, al modo di strutturare e di presentare i brani, 
basati sulla ricerca del suono, della "fonosfera" originaria. Di ciò si era reso conto, e 
lo aveva scritto in una sua recensione, anche lo storico della musica Massimo Mila. 
Molti cori hanno cercato di imitarlo,  vantando  di presentare  "canti di ricerca",  ma 
in realtà limitandosi solo ad alcuni modesti tentativi di trascrizione, scaduti nella 
banalità o nella retorica, non supportati da un'adeguata cultura umana e 
musicologica. 
Ancora più cori hanno inserito in repertorio le sue armonizzazioni, accorgendosi 
ben presto che solo alcune si prestavano ad essere trasportate in altri contesti 
vocali. Agazzani scriveva pensando alle voci che dirigeva, personalizzava fino 
all'estremo ciascuna scelta: la vita di ciascuno dei suoi coristi era uno stimolo per 
scrivere in un modo unico e particolare. 
Proprio perché ebbe a combattere per una coralità popolare più sorretta 
culturalmente e meno sciatta nelle sue proposte, assunse talvolta posizioni rigorose 
e rigide, come fa chi difende coi denti i suoi beni più preziosi. 
Nonostante le difficoltà - che non nascondeva - dell'ultimo periodo, l'eredità che 
Agazzani lascia alla coralità italiana ed internazionale è grande, ben raccolta da chi 
continua questo percorso. Caso raro nell'ambito  italiano,  Agazzani pensò in tempo 
a far crescere un direttore sostituto. La maggior parte dei direttori di coro teme il 
confronto tra generazioni, o considera il coro più una "proprietà" che una 
"comunità". E questo fa sì che la morte del coro segua di poco quella del suo 
direttore. Con "La Grangia" non sarà così. 
Le cose nate dalla profondità di un animo nobile sono destinate a rimanere, e 
sicuramente Angelo Agazzani ne ha lasciate tante, in quel clima di libertà e di sfida 
che amava cantare - da solista - con le parole di Angelo Brofferio. 
 
Marco Buccolo